Una delle cause più frequenti di spavento nel paziente è l’improvvisa comparsa di una tumefazione anale dolente: una trombosi emorroidaria.
Ovviamente, visto il notevole fastidio che si crea, con frequente impedimento a svolgere le normali attività, cresce rapidamente il livello di ansia verso una “cosa” che improvvisamente disturba – anche in modo notevole – la vita quotidiana.
Nei casi più avanzati, in cui oltre alla sintomatologia è presente un volume importante di tessuto emorroidario, con evidente prolasso alla spinta defecatoria, il trattamento conservativo può essere solo un palliativo per risolvere il dolore nelle crisi acute.
In alcune situazioni diventa quindi d’obbligo risolvere il quadro con un intervento chirurgico, adottando di volta in volta la tecnica più indicata per lo specifico caso.
Non è assolutamente pensabile poter risolvere tutti i casi con lo stesso tipo di trattamento: ogni caso va attentamente valutato, ed è responsabilità del chirurgo proctologo proporre al paziente la tecnica che meglio può essere d’aiuto nel risolvere il problema.
Abbiamo già visto come la presenza di calcoli all’interno della colecisti possa dare sintomi (colica biliare – dispepsia – dolore cronico) o complicazioni a livello dell’organo (colecistite acuta e cronica).
Le complicazioni però possono essere dovute alla migrazione dei calcoli nella via biliare, ovvero la via di deflusso della bile dalla colecisti al duodeno.
Ricordiamo che dopo un pasto, specie se grasso, la colecisti si contrae e manda la bile concentrata in essa contenuta nel duodeno, al fine di facilitare la digestione dei grassi alimentari.
Se la colecisti contiene dei calcoli, anche questi cercheranno di seguire il flusso della bile.
Il dotto cistico, che collega la colecisti alla via biliare principale (il coledoco), ha generalmente un diametro interno di 3-5 mm.
Sono proprio i calcoli più piccoli quelli si muovono con maggior facilità e possono passare nel coledoco e di solito questo evento è accompagnato da una forte colica biliare, ovvero da un dolore crampiforme violento, della durata di qualche decina di minuti, tipicamente in ipocondrio destro (la zona corrispondente alla sede del fegato), e spesso accompagnato da nausea o vomito.
La maggior parte della tenuta di una sutura della parete addominale avviene a livello del piano fasciale: quando è questo piano a cedere, per un tratto più o meno esteso, i tessuti superficiali proteggono i visceri dalla fuoriuscita dal cavo addominale, ma rimane una zona di debolezza fasciale paragonabile ad un’ernia, attraverso cui essi si fanno strada nel piano sottocutaneo. Si parla in questi casi di laparocele.
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