Spesso, il tessuto sovrabbondante a livello dell’orifizio anale, la cui presenza si averte durante le manovre di pulizia, è composto in gran parte da lembi cutanei in eccesso.
La componente emorroidaria di questo tessuto è infatti minima, ovvero si tratta per lo più di pelle e tessuto sottocutaneo, con piccola quantità di tessuto venoso.
Ciononostante, e non essendo nelle forma lievi da considerare una patologia, ma solo una variante anatomica, a volte queste marische possono complicarsi ed essere fastidiose da gestire.
Cos’è e come si forma la marisca.
La cute anale forma normalmente alcune pliche, in quanto la zona deve potersi adattare ad essere più o meno dilatata durante la defecazione.
Abbiamo tutti una variabilità individuale più o meno marcata, per cui questo tessuto può essere, in acuni individui, più abbondante in alcune sedi. Questo indipendentemente dal sesso o dalla massa della persona.
La causa che principalmente porta ad uno sviluppo abnorme della cute in certi settori dell’orifizio anale è spesso il formarsi di una trombosi emorroidaria esterna localizzata. Abbiamo già detto che la componente emorroidaria di solito è modesta, ma può complicarsi con la coagulazione del sangue all’interno del gavocciolo esterno (trombosi), con comparsa di una tumefazione violacea dolente più o meno evidente.
Link all’articolo “la trombosi emorroidaria”
Alla risoluzione del quadro di trombosi, sia spontaneamente, che con terapia medica o chirurgica per drenaggio, la cute dilatata rimane a formare un eccesso di tessuto, che si rende evidente durante le manovre di igiene: la trombosi passa, la marisca spesso rimane.
Come si manifesta e quali problemi può dare.
Ci sono diversi fattori da considerare:
1 – L’effettiva grandezza del lembo cutaneo residuo
2 – La soggettiva sensazione di fastidio locale
3 – la presenza o meno di un quadro emorroidario esterno o interno, o di un prolasso mucoso associato.
Spesso il lembo cutaneo residuo è di piccolo volume, e viene tollerato benissimo se proprio addirittura non avvertito dal paziente. In tal caso, basta effettuare una corretta igiene locale e non darci troppo peso.
A volte la presenza del lembo di marisca è invece poco tollerata, a prescindere dalla dimensioni della lesione, sia per ragioni di difficoltà in un’igiene accurata, sia per imbarazzo del paziente durante l’attività sessuale, sia per troppa attenzione ad un qualcosa che modifica l’aspetto fisico (per quanto nascosto, ben evidente al soggetto che ne è afflitto). Sono infatti altrettanto importanti la tolleranza fisica e quella psicologica alla presenza della lesione.
Diversa e decisamente più oggettiva è la presenza di un quadro emorroidario esterno o interno, o di un prolasso mucoso associato. In questi casi spesso il problema della flogosi e della trombosi può diventare ricorrente, con frequenti recidive acute di tumefazione, dolore e disturbo funzionale.
Cosa si può o di deve fare.
In urgenza
Si ha sempre un quadro dominato dall’infiammazione, in cui il quadrante interessato si presenza gonfio, teso e dolente spontaneamente e al tatto. La defecazione può essere decisamente difficoltosa e dolorosa, con spasmo muscolare associato .
Il trattamento di scelta in queste condizioni è quello medico, volto a ridurre rapidamente il gonfiore e la tensione della parte.
SI utilizzano farmaci specifici per le emorroidi e antidolorifici /antiinfiammatori, a volte associati a cortisonici per via sistemica (iniezioni o per bocca) e locale.
Altrettanto importanti sono un’accurata igiene locale con saponi delicati, impacchi freddi per ridurre l’edema, ed integratori di fibre per mantenere le feci morbide per facilitarne l’espulsione, che deve essere meno traumatica possibile.
Si ottiene di solito una più rapida risoluzione del quadro doloroso, con diminuzione di volume del nodo trattato. Spesso la risoluzione del quadro acuto è pressochè completa, ma a volte il problema tende a recidivare a distanza di tempo
in caso di trombosi emorroidaria associata , può essere indicata l’ incisione del nodo interessato in anestesia locale, con svuotamento dei coaguli, per risolvere la sintomatologia dolorosa. E’ un piccolo intervento che viene fatto, previo ovviamente il consenso del paziente, in ambulatorio, al termine della visita. Lo scopo è semplicemente quello di ridurre la tensione del nodo emorroidario e permettere l’evacuazione del coagulo.
In elezione
Quando rimane un lembo cutaneo sintomatico, il trattamento deve essere per forza chirurgico, con eliminazione meccanica del tessuto interessato.
Nei casi più lievi, in cui è veramente solo interessato il tessuto cutaneo/sottocutaneo, l’intervento può essere effettuato in ambulatorio, in anestesia locale. Si procede all’asportazione con elettrobisturi del lembo di tessuto interessato, con emostasi dei bordi della ferita.
La ferita guarisce pian piano nelle 3-4 settimane seguenti, essendo di facile gestione dmiciliare con igiene locale e antidolorifici per i primi 3-4 giorni.
In caso invece in cui sia da asportare il quadrante emorroidario corrispondente, sia per presenza di trombosi esterna associata, sia per presenza di concomitante prolasso mucoso emorroidario, si procede ad une vero e proprio intervento di emorroidectomia del quadrante interessato, che comprende la componente emorroidaria interna, quella esterna e la marisca associata. (vedi "Emorroidi quale intervento").
L’intervento viene abitualmente condotto in regime di Day Surgery o One day Surgery, ovvero con un pernottamento, per poter seguire nelle prime ore il decorso chirurgico.
L’anestesia può essere di tipo locale, associata a sedazione profonda, oppure spinale.
Le ferite che risultano dall’asportazione dei nodi emorroidari si lasciano generalmente aperte, e guariscono gradualmente in 6-8 settimane. (vedi "Emorroidi il decorso post operatorio")
Nei primi giorni è indispensabile ricorrere ad una adeguata terapia antidolorifica, associando una igiene locale accurata e tenendo le feci morbide.
A questo proposito di dovrà ricorrere ad una dieta ricca di fibre e acqua (almeno 2 litri al giorno), associando l’assunzione di integratori di fibre e sostanze emollienti,quali l’olio di vaselina, per favorire l’evacuazione.
Un errore piuttosto comune è proprio quello di ridurre l’alimentazione: le feci risulteranno infatti in questo modo più dure e difficili da espellere.
Vista la presenza di ferite aperte, è del tutto normale la presenza di perdite di siero tinto di sangue nei primi giorni, e poi ancora di siero fino alla completa guarigione.
E’ opportuno tenere la parte asciutta applicando piccole garze, che vanno cambiate più volte nella giornata. In caso di dolore particolarmente fastidioso, si può applicare localmente una crema anestetica.
Solitamente, la ripresa delle attività normali ed il ritorno al lavoro avviene in 2-3 settimane. Il periodo di “manutenzione” locale può invece protrarsi per un paio di mesi.
Dott. Stefano Enrico
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Molte affezioni di interesse chirurgico possono essere trattate con un intervento ambulatoriale.
La muscolatura del pavimento pelvico è decisamente complessa, di tipo striato e volontario.
Per funzionare bene, questi muscoli devono contrarsi correttamente, con sequenze ben definite di contrazione e rilasciamento nel corso dell’evacuazione.
La pancreatite acuta consiste in una infiammazione acuta del pancreas dovuta alla attivazione intraparenchimale degli enzimi pancreatici, che normalmente servono a digerire, ovvero a distruggere in materiale utilizzabile dall’organismo, gli alimenti ingeriti (proteine – grassi – carboidrati)
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