sala attesa ospedale

Una volta che viene posta l’indicazione ad un intervento chirurgico e si è stabilito cosa è necessario fare, la domanda seguente è sempre: quanto tempo dovrò aspettare per essere operato?

Escludendo i casi urgenti, per cui si identifica un percorso a parte, e non potendo operare tutti nello stesso momento, si crea una lista di attesa: i casi vengono messi in un ordine di priorità, che dipende da diversi fattori.

Tempi di attesa per tipo di patologia

Patologia neoplastica.
La gravità di questa patologia giustifica sempre la priorità data al paziente: il paziente affetto da tumore è sempre il primo ad essere trattato e passa normalmente davanti a tutti.
I tempi di attesa si riducono al minimo, e consistono nel tempo strettamente necessario per stadiare correttamente la malattia e definire il piano di trattamento.
Qualora dagli esami di stadiazione risultasse la necessità di trattamenti complementari alla chirurgia (radioterapia, chemioterapia neoadiuvante), l’intervento viene programmato nel momento più indicato all’interno del percorso terapeutico.
Questo tipo di patologia non risente quasi mai di ritardo nel trattamento, se non dovuto a particolari condizioni cliniche, ed il paziente percorre solitamente un tragitto preferenziale che permette il miglior trattamento nel minor tempo possibile.

Patologia non neoplastica, con possibilità di complicanze per attese prolungate.

Il classico esempio consiste nella colelitiasi (calcolosi della colecisti), in pazienti con calcoli piccoli e recente passaggio in pronto soccorso per colica biliare, o dolori di tipo colico ricorrenti.
In questo tipo di pazienti il rischio di una nuova colica è elevato, con conseguente possibilità di complicazioni legati al passaggio di calcoli nella via biliare (ittero – pancreatite acuta).

L’indicazione è quindi quella di portare il paziente in sala opeatoria in tempi rapidi, pur senza urgenza. La priorità di intervento è quindi abbastanza alta, e l’ideale sarebbe di operare entro un mese dalla definizione del problema

Un problema analogo si presenta in caso di ernie (inguinali, ombelicali) o laparoceli che siano stati ridotti con fatica, spesso in pronto soccorso e con manovre di un certo impegno, e che tendano ad essere perennemente espulsi.
Passato il momento dell’urgenza, è bene non far aspettare troppo il trattamento chirurgico, per il reale pericolo che il viscere erniato possa di nuovo impegnarsi nella porta erniaria, con rischio di strozzamento.

Anche in questo caso vale il principio del “prima possibile”, ovviamente rispetto ai pazienti con patologie analoghe che non abbiano però avuto episodi di strozzamento o incarceramento erniario risolti con manovre manuali.

Nella patologia di pertinenza proctologica, alcuni quadri emorroidari con prolasso voluminoso e persistente, o con episodi ravvicinati di sanguinamento profuso, vanno trattati prima di altri.
Ancora, la ragade anale refrattaria alla terapia conservativa, può avere una indicazione al trattamento in urgenza relativa, proprio per il dolore ed il disconfort che solitamente crea.

Anche la patologia infettiva, ovvero le fistole che residuano dopo l’incisione di un ascesso anale, hanno indicazione al trattamento chirurgico definitivo.

In questi casi alcuni pazienti possono necessitare di un intervento in tempi brevi, proprio per la possibilità di evoluzione della lesione: in alcuni casi la fistola può approfondirsi e peggiorare, in altri bisogna cogliere in momento migliore in cui la lesione è abbastanza detersa da garantire la maggior efficaci del trattamento chirurgico.

Inoltre, nel caso delle fistole anali, bisogna tener conto della frequente necessità di frazionare il trattamento in più interventi, a seconda della gravità del caso: per ogni momento chirurgico deve decorrere il giusto lasso di tempo dal precedente.

Ancora, un caso particolare lo riveste la patologia diverticolare del colon: quando si rende necessario un intervento di resezione per questa patologia, di solito dopo ripetuti attacchi acuti risolti con terapia medica, è importante eseguire l’intervento nella fase di quiescenza clinica, senza aspettare però troppo per il rischio di un nuovo episodio acuto.

Va quindi individuata una “finestra” temporale, dopo l’attacco acuto, in cui il rischio operatorio diventa minore, e bisogna eseguire l’intervento in questo intervallo di tempo, di solito 2 mesi dopo l’evento acuto.

Patologia non neoplastica, stabile nel tempo.

L’esempio più frequente è la patologia venosa a carico degli arti inferiori: le varici.

Questa patologia si manifesta dopo anni di presenza, e normalmente non da origine a complicazioni improvvise se non in casi molto particolari.

Senza penalizzare il paziente affetto da questa patologia, i tempi di attesa dalla visita all’intervento possono essere un po’ più lunghi rispetto ad altre patologie.

Altrettanto si verifica nei pazienti affetti da ernie inguinali non complicate, laparoceli stabili e presenti solitamente da tempo, patologia anorettale quali le emorroidi, presenti spesso da anni, la colelitiasi quando paucisintomatica, in presenza di calcoli grossi e stabili.

Anche per la patologia tiroidea benigna - struma - l’indicazione chirurgica permette in genere un’attesa senza rischi, purchè contenuta.

Tempi di attesa per tipo di paziente

La stessa patologia può dare quadri estremamente diversi in pazienti diversi.

Patologie associate e coesistenti.
Una patologia infettiva come una fistola anale può diventare un caso da trattare con relativa urgenza specialmente in caso di concomitante diabete, o di patologia valvolare cardiaca, in quanto può dare origine a complicazioni anche gravi.

Un paziente affetto da patologia polmonare, renale o cardiaca può avere una finestra temporale particolarmente ristretta per andare in sala operatoria nelle migliori condizioni di compenso della patologia di base, e quindi verrà messo in lista a prescindere dalla patologia di pertinenza chirurgica.

A volte bisogna poi far coincidere il momento della chirurgia con la necessità di particolari terapie, ad esempio quando si rende necessario sottoporre ad un intervento un paziente che sta facendo cicli di chemioterapia per un tumore: si opera in questi casi quando lo permettono le condizioni generali e nelle finestre delle terapie concomitanti.

Età e condizioni generali del paziente.

Lo stesso intervento può essere più urgente in un paziente anziano e più delicato, o deve essere procrastinato per permettere di ripristinare condizioni generali compromesse.

In conclusione

  • La patologia neoplastica di solito prevale sulle altre e viene trattata in una corsia preferenziale.
  • Alcune patologie necessitano un trattamento in tempi più rapidi di altre
  • Lo stesso intervento può avere maggior o minor grado di urgenza in base al tipo di paziente, alle sue condizioni generali e ad eventuale presenza di patologie concomitanti.
  • A parità di condizioni, si da precedenza ai casi in lista da più tempo.

 Dott. Stefano Enrico

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