ernia inguinale

Per ernia si intende la fuoriuscita di un viscere ( parziale o più o meno estesa) dalla cavità che naturalmente lo contiene, attraverso un orifizio (porta) che si forma in maniera naturale  in un zona di debolezza della parete stessa. Le ernie di parete sono estremamente frequenti, risultando la prima causa di intervento chirurgico nel mondo: globalmente, si effettuano oltre 20 milioni di interventi all’anno per ernia (circa 700.00 all’anno solo negli USA).  Si trata di una patologia prevalentemente maschile: il rischio di sviluppare un’ernia  nel corso della vita è circa del 25% nei maschi e del 2% nelle femmine.

Cause

La parete addominale è piuttosto robusta, essendo composta  anteriormente da più strati muscolari che si inseriscono su ossa, tendini e fasce. Vi sono però alcuni punti di debolezza, attraverso cui passano vasi (zona femorale o crurale) o organi (jatus esofageo del diaframma). Ancora, una zona di debolezza è rappresentata dall’ ombelico, che nel feto permette il passaggio dei vasi che arrivano dalla placenta e normalmente si oblitera dopo la nascita.

Specialmente nell’uomo, il punto di debolezza che in cui frequentemente si sviluppa un’ernia è rappresentato dal canale inguinale. Si tratta di una struttura in cui, nello sviluppo fetale,  si fa strada il testicolo, che si forma nella vita prenatale in addome. Durante la sua discesa, iil testicolo si fa strada attraverso la parete per raggiungere lo scroto, che sarà la sua sede definitiva, portandosi dietro i vasi sabguigni (arterie e vene) ed il dotto deferente, attraverso cui gli spermatozoi possono raggiungere la prostata e l’uretra.

Il canale inguinale si oblitera normalmente alla nascita o poco dopo. In alcuni casi può invece rimanere pervio, dando origine alle cosiddette ernie inguinali congenite. Queste tendono a manifestarsi nei primi annidi vita del bambino, tuttavia in parecchi casi rimangono silenti per anni finchè il prolungato sforzo fisico le rende evidenti.

Il canale inguinale rimane comunque una zona di debolezza importante della parete addominale, su cui  la pressione intraddominale può, a lungo andare, creare una zona di cedimento attraverso cui i visceri possono erniare.

Sono situazioni favorenti tute quelle in cui la pressione addominale aumenta in maniera anomale: gli sforzi fisici e l’attività lavorativa pesante sono tra le prime cause di cedimento della parete in questo punto.

Altrettanto importanti sono però situazioni di sforzo minore, ma ripetuto cronicamente: la tosse cronica nella malattie polmonari (asma, bronchite cronica…), la stipsi con spinta defecatoria anomala che si protrae per anni, nella donna le gravidanze, specialmente se ripetute e ravvicinate.

Sintomi

Una volta che il viscere si fa strada nel canale inguinale, si rende evidente come una tumefazione sottocutanea, particolarmente evidente nei soggetti magri.
E’ caratteristica la scomparsa di questa tumefazione in posizione sdraiata, a riposo, e con manovre di lieve pressione esercitata sulla parte: si dice quindi che l’ernia è riducibile.

A volte, il paziente si riferisce al medico per comparsa di dolore in sede inguinale. Quasi sempre non è il viscere erniato (spesso in fase iniziale ad protrudere non è l’intestino ma solo il grasso dell’omento) a fare male, ma lo stimolo che esso esercita sulla zona muscolare della porta erniaria, che diventa così dolente soprattutto durante l’attività fisica.

Diagnosi

La diagnosi di ernia inguinale è essenzialmente clinica.
La storia riferita dal paziente è quasi sempre significativa. L’esame obiettivo permette di valutare la presenza dell’ernia, la sua riducibilità,  spesso il contenuto e l’eventuale dolenzia della porta erniaria. Solo raramente necessita di una conferma con l’ecografia.

Rischi

La presenza di un’ernia inguinale è spesso tollerata ben per lungo tempo. Progressivamente, la tumefazione tende ad aumentare di volume e l’impegno dei visceri si fa più importante (ricordo a questo proposito che nel medioevo era piuttosto frequente lo stemma araldico con 3 palle: evidente menzione alla presenza dell’ernia del nobile di turno, scambiata per prestanza virile…)

In caso di ernie voluminose, la presenza dell’ernia diventa evidente al minimo sforzo addominale o in stazione eretta, creando difficoltà nella vita di tutti i giorni.

I problemi più gravi arrivano in presenza di complicanze.

Il viscere erniato può “incastrarsi” fisicamente e non essere più riducibile in addome: l’ernia viene definita appunto non riducibile e diventa importante operare in tempi brevi. Se la parte erniata  è solo il grasso addominale (omento), l’intervento deve essere precoce il più possibile, senza però ancora carattere di urgenza.

Le cose cambiano se ad erniare è un tratto di intestino. In questo caso può essere ostacolato il transito degli alimenti, con un quadro di occlusione intestinale. L’ernia si definisce allora intasata, e  diventa un’indicazione precisa all’intervento in urgenza. L’addome diventa disteso e dolente, ed il ristagno di materiale intestinale porta in breve a vomito ed impossibilità ad alimentarsi.

Ancora, il quadro più grave si ha con lo strozzamento dell’ernia. La circolazione sanguigna nel  viscere erniato inizia ad essere non più sufficiente, e nel giro di poche ore il tratto di intestino interessato soffre fino ad andare in necrosi e perforarsi. Il quadro è allora dominato dal dolore e dai sintomi di occlusione. L’indicazione all’intervento è decisamente di urgenza, e a volte la sofferenza del viscere porta alla necessità di aprire l’addome e fare una resezione del tratto interessato: da una patologia di entità lieve si arriva a rischiare la vita e a dover effettuare un intervento importante, dal decorso a volte non semplice.

Cure e trattamenti

Non esiste un trattamento medico o conservativo per trattare un’ernia inguinale. Sistemi contenitivi quali mutande elastiche o cinti erniari son assolutamente inutili e possono al più servire a dare un modesto sostegno in attesa dell’intervento, oppure come palliazione in pazienti molto anziani e con gravissime patologie che controindicano l’intervento.

Il trattamento dell’ernia inguinale è solo chirurgico.
A tale scopo, c’è stata un’evoluzione nel tempo delle tecniche usate per risolvere il problema.

Fino agli anni ’80, il trattamento di scelta consisteva nell’andare a suturare i piani delimitanti la porta erniaria, con buoni risultati complessivi ma a prezzo di notevole dolore postoperatorio e lenta ripresa funzionale.

Con l’utilizzo delle protesi (mesh – reti in materiale non assorbibile), sono stati ideati interventi cosiddetti “tension free”, in cui i piani muscolari non venivano più suturati, ma proprio l’interposizione di una piccola rete permetteva di ottenere l’obliterazione della porta erniaria. L’intervento, ancora oggi attualissimo e rappresentante lo standard di trattamento dell’ernia inguinale, avviene solitamente in anestesia locale o spinale, in regime di Day Hospital se non vi sono indicazioni di carattere generale ad un ricovero più lungo. Può quindi essere proposto anche a pazienti molto anziani o con patologie concomitanti che controindicano un’anestesia generale.
La ripresa dell’attività fisica di tutti i giorni è solitamente rapida, anche se l’attività sportiva o il lavoro pesante richiedono almeno un mese di convalescenza prima di poter essere ripresi.
Le complicazioni più frequenti sono date dal possibile danno dei nervi che decorrono nella zona inguinale, con alterazioni della sensibilità (ipoestesia localizzata), o dolore postoperatorio che può essere decisamente fastidioso. Ancora, sono abbastanza comuni ematomi o ecchimosi in sede di ferita, raramente con necessità di aprire la ferita e farla guarire lentamente per cicatrizzazione spontanea.  L’infezione della protesi è molto rara, ma può a volte rendere necessario un secondo intervento per la sua rimozione.

Negli ultimi anni si sono diffuse tecniche videolaparoscopiche per il trattamento dell’ernia inguinale. L’approccio può essere eseguito per via Pre-peritoneale (TEP) oppure Trans-peritoneale (TAPP): quest’ultimo è quello di mia preferenza. A prezzo di un intervento  tecnicamente più complesso, in anestesia generale, il recupero è decisamente più rapido e meno doloroso, con precoce recupero funzionale. In ogni caso, solo un’accurata valutazione medica può permettere di selezionare al meglio i pazienti che possono avere il massimo giovamento dall’utilizzo di questa tecnica.

Dott. Stefano Enrico

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