cisti pilonidale 2

La cisti pilonidale sacrococcigea è dovuta alla presenza, quasi sempre in sede presacrale o precoccigea, di cisti contenenti peli, ritenuti in profondità a ridosso della fascia periossea. Pur risultando a volte presente, anche se silente, da anni, si manifesta spesso in età giovanile quando sopravviene un processo infettivo di questa formazione. I normali batteri cutanei sono infatti in grado di arrivare al tessuto della cisti, e provocare un’infezione.

I sintomi saranno allora quelli di un ascesso, con comparsa di una tumefazione arrossata e dolente a livello presacrale/precoccigeo. A volte l’ascesso si sviluppa in sede bassa, vicino all’ano, ma a differenza da ascessi e fistole anali non origina mai dal canale anale, che non viene interessato dalla patologia.

In pochi giorni, l’ascesso si fa strada e tende ad aprirsi all’esterno: in questa fase la sintomatologia è spesso molto dolorosa, con la comparsa di una grossa tumefazione arrossata, molto dolente, che tende a farsi strada attraverso la cute e a spurgare spontaneamente all’esterno, nel giro di 3-4 giorni.

Alla fuoriuscita del pus il dolore si allevia immediatamente e la reazione generale diminuisce. Molto sovente residua però un tragitto fistoloso, solitamente sulla linea mediana, da cui periodicamente si osserva fuoriuscita di materiale purulento misto a peli e da cui possono ripartire ulteriori ascessi. La fistola si manifesta poi con la periodica perdita di materiale sieroso o purulento, maleodorante e spesso contenete alcuni peli. Specialmente in caso di recidiva, talvolta la fistola può farsi strada su percorsi nuovi, anche a centimetri di distanza dalla linea mediana, rendendo il trattamento della patologia decisamente più complesso

Il trattamento di questa patologia è esclusivamente chirurgico.

Nella fase acuta , il trattamento è semplice e consiste nel drenaggio chirurgico dell’ascesso .
In anestesia locale
, si incide in maniera abbastanza ampia la zona ascessualizzata con lo lo scopo di aprire al pus una strada, la più diretta, per arrivare all’esterno. La cavità viene quindi lavata ripetutamente con acqua ossigenata e disinfettante, per far uscire il più possibile il materiale infetto.

Viene quindi medicata “a zaffo”, ovvero inserendo una piccola garza intrisa di disinfettante all’interno della cavità, per asportare i residui di pus e fare emostasi. La medicazione viene ripetuta più volte fino alla guarigione della ferita, che avviene di solito in pochi giorni.

Solo poche volte si ottiene però la guarigione dalla patologia: solitamente si riesce ad evacuare il pus e a risolvere l’ascesso, ma i peli situati in profondità rimangono ed inevitabilmente mantengono la patologia e la possibilità di nuovi episodi infettivi.

Il trattamento chirurgico definitivo , per avere un basso rischio di recidive, consiste quindi nell’ asportazione completa di tutto il tessuto interessato dal processo infettivo , compresi i nidi di pelo situati in profondità a livello della fascia del sacro.

L’intervento viene effettuato quasi sempre in anestesia locale, con una adeguata sedazione che permette di avvertire poco il dolore delle iniezioni di anestetico.

Si evidenzia il tessuto patologico ed il percorso di eventuali fistole con acqua ossigenata e, se serve, colorante; si provvede quindi ad eliminare tutto il tessuto in questione, cercando di risparmiare il più possibile la cute ed il tessuto sano circostante.

La ferita che residua è spesso vasta e profonda, con perdita di tessuto a volte significativa. Sono stati quindi proposti molti tipi di intervento, per cercare di accelerare i tempi di guarigione, con l’utilizzo di strumenti più o meno sofisticati o il ricorso a tecniche di chirurgia plastica.

In tutti i casi, i concetti di base rimangono l’asportazione di tutto il tessuto patologico ed il risparmio di tutto il tessuto sano possibile.

SUTURA DIRETTA (METODO CHIUSO)

Se i tessuti sono puliti, senza segni di infezione in atto, è possibile tentare di suturare direttamente i lembi della ferita. In caso di sutura completa è bene cercare di non sollecitare troppo la zona trattata, quindi per almeno 8 – 10 giorni l’attività fisica sarà molto ridotta. I punti in tensione possono inoltre essere parecchio dolorosi. Proprio per la presenza di tessuto infetto e per la posizione della ferita, la sutura in un elevata percentuale di casi può cedere ed aprirsi alla rimozione dei punti: non è grave, e si prosegue come se si fosse lasciata aperta dall’inizio. I tempi di guarigione si allungano però inevitabilmente.

 

GUARIGIONE PER SECONDA INTENZIONE (METODO APERTO)

Spesso per scelta, si sutura quindi solo parzialmente la ferita, lasciandola in parte aperta volutamente, in modo da permettere alle secrezioni di uscire. Si prosegue quindi con medicazioni giornaliere fino alla completa guarigione, che può richiede 40-60 giorni di tempo. Normalmente, dopo 1 - 2 settimane dall’intervento, le medicazioni diventano abbastanza semplici da essere eseguibili senza problemi a domicilio anche dai familiari dei pazienti, ed una volta che la guarigione procede, nulla vieta di eseguire una doccia quotidiana al momento della medicazione.

La medicazione più semplice consiste nel mettere nella ferita un garza intrisa di disinfettante, ma esistono in commercio medicazioni più sofisticate, che accelerano notevolmente i tempi di guarigione e sono molto semplici da posizionare.

È molto importante che il paziente sia seguito a domicilio da una persona in grado di eseguire le medicazioni in maniera corretta: pur essendo facili da eseguire, la posizione della ferita rende particolarmente difficile farle correttamente da soli. A tale scopo, è importante che il care-giver assista ed impari durante le prime medicazioni la tecnica corretta, ln maniera da poterle eseguire facilmente a domicilio, senza rendersi schiavo di fastidiosi accessi all’ambulatorio per il trattamento successivo.

Il dolore post-operatorio è solitamente ben controllabile con farmaci antiinfiammatori e antalgici per via orale, e diminuisce nettamente, in caso di sutura - anche parziale - alla rimozione dei punti.

E’ importante l’assunzione dei farmaci prescritti, al fine di evitare eroismi inutili e un dolore facilmente ovviabile con la terapia adeguata.

L’attività fisica e lavorativa , salvo casi particolari, può quindi essere normalmente ripresa dopo 15 -20 giorni, pur essendo spesso necessarie le medicazioni per un tempo più lungo.

Anche l’attività sportiva viene generalmente ripresa dopo 3 settimane, evitando però la sollecitazione della parte operata.

Lo stesso vale per eventuali bagni in mare, effettuabili senza problemi purché si possa in tempi brevi provvedere a cambiare la medicazione.

Dott. Stefano Enrico

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