La sindrome della defecazione ostruita è sostenuta da diverse condizioni patologiche e comporta sostanzialmente difficoltà od impossibilità all’espulsione delle feci dal retto.
Cause di Defecazione Ostruita
L'alterazione della normale sequenza muscolare dell'attività del pavimento pelvico può causare ostacolo alla defecazione. Durante la defecazione normale, i muscoli sfinteri interno ed esterno e puborettale si rilasciano; contemporaneamente, l'angolo anorettale si raddrizza e il canale anale si accorcia, riducendo così la resistenza al passaggio delle feci attraverso quest'ultimo. La pressione intra-addominale aumenta durante i tentativi di defecazione, e le feci possono passare dal retto all'esterno attraverso il canale anale.
In caso di alterazione funzionale della muscolatura il paziente, solitamente di sesso femminile, riferisce una frequente sensazione di evacuazione incompleta e/o frazionata, lunga permanenza in bagno con sforzi muscolari importanti, manovre manuali di sostegno del perineo, digitazioni nel retto o nella vagina, frequente uso di lassativi e clisteri. Spesso si associa ai sintomi locali una sindrome ansioso-depressiva con importanti alterazioni della qualità di vita. Inoltre la paziente si rivolge spesso a specialisti di varie discipline, le cui diagnosi e terapie risultano spesso in contrasto.
La sindrome da defecazione ostruita è poi frequentemente aggravata dalla presenza di un prolasso mucoso: la mucosa rettale, in seguito alle spinte protratte e continue per periodi di anni, si scolla dal piano profondo e tende a prolassare a livello del canale anale, dando uno stimolo defecatorio continuo ed complicando il quadro con un’ostruzione meccanica.
In casi più gravi , la sintomatologia è sostenuta dalla presenza di un vero e proprio prolasso rettale interno, caratterizzato da un'invaginazione retto-anale, che ostruisce la defecazione durante la fase espulsiva. Questa condizione anatomica è presente in circa il 5% dei pazienti, ma non necessariamente il quadro anatomico è proporzionale a quello funzionale. Attualmente si è orientati a pensare che siano le dimensioni e l'estensione dell'invaginazione a determinare il confine tra la normalità e la patologia: l'alterazione è diventa sintomatica quando impedisce effettivamente lo svuotamento dell'ampolla rettale. La sintomatologia riferita dai pazienti nel caso di un prolasso rettale interno di primo e secondo grado è caratterizzata da tenesmo, prurito anale, sensazione di peso e d'evacuazione incompleta, mentre può presentare una protusione del viscere dall'orifizioanale nel caso di prolasso esterno. Le forme croniche, presenti spesso in persone anziane, si caratterizzano per la presenza di lesioni della mucosa, con frequente sanguinamento e perdite di muco. In fase tardive si può avere incontinenza alle feci.
Il rettocele è una protusione sacciforme e localizzata della parete rettale, quasi sempre a livello del setto retto-vaginale. E' una patologia presente prevalentemente in donne di età compresa tra i 45 e i 65 anni, con incidenza maggiore dopo gravidanze multiple, associate o non a lesioni da parto ed interventi chirurgici sul pavimento pelvico.
Sovente si viene a creare un circolo vizioso con abbassamento del piano muscolare perineale, stipsi ostruttiva, necessità di aumentare la pressione addominale per la defecazione, possibile lesione dei rami nervosi, ulteriore stipsi da ridotta motilità colica ed ulteriore abbassamento del perineo. In alcuni casi esiste una debolezza congenita della parete vaginale. Possono coesistere altri disordini quali la sindrome del perineo discendente, il cistocele, l'enterocele, l'incontinenza fecale ed urinaria e la sindrome spastica del muscolo puborettale. La presenza di altri disturbi associati accentua i disturbi riferiti dal paziente.
Le pazienti non riescono ad andare di corpo normalmente e riferiscono per lo più sintomi quali:
- Difficoltà ad evacuare, con frequente necessità di ricorrere a lassativi o clisteri;
- Frequente sensazione di evacuazione incompleta, con necessità di più tentativi nella giornata, anche ravvicinati;
- Necessità di spingere molto per evacuare, per lungo tempo (oltre 15 minuti);
- Saltuaria o frequente necessità di aiutarsi usando le dita (digitazione);
- Frequente dolore rettale e perineale, anche non in rapporto con la defecazione. ;
Altra causa di ostruita defecazione è rappresentata, sopratitto nella donna, dall'enterocele, ovvero all'erniazione di alcune anse dell'intestino tenue all'interno del cavo di Douglas. Il meccanismo con cui l'enterocele può causare una evacuazione incompleta è complesso, ma fondamentalmente dovuto alla compressione esercitata sul retto dai visceri contenuti nell'ernia.
La sindrome del perineo discendente si caratterizza per un'eccessiva discesa del piano perineale. In genere, le pazienti riferiscono una storia di stipsi cronica ostinata, con sforzi evacuatori prolungati e ponzamento accentuato, sensazione di peso o di più franco dolore in sede perineale.
Come si cura la Defecazione Ostruita?
Il trattamento medico nella stipsi cronica
La dieta rappresenta il primo approccio terapeutico al paziente affetto da stipsi.
Il cambiamento delle abitudini alimentari può da solo risolvere la sintomatologia lamentata dal paziente. La dieta deve essere ricca di fibre per assicurare un'adeguata massa fecale. Le fibre vegetali, che in larga parte non sono digeribili né assorbibili, aumentano la massa fecale; inoltre, alcuni componenti delle fibre assorbono liquidi, rendendo le feci più soffici e facilitandone il passaggio. Inoltre è fondamentale un adeguato apporto idrico: è necessario bere almeno due litri di acqua al giorno. Nell'alimentazione corrente l’apporto di fibre non è quasi mai sufficienti per il trattamento della stipsi, imponendosi quindi l’assunzione di integratori dietetici adeguati, quali crusca o fibre come lo psillio, l'hispaghula, la pectina, la gomma di karaya e polimeri sintetici come il policarbophyl. La loro azione si esplica accelerando il transito intestinale, aumentando il volume del contenuto per adsorbimento di acqua (con stimolo maggiore sulle pareti e risposta motoria propulsiva) ed esercitando un effetto lassativo non irritante sul colon.
I lassativi devono essere usati con cautela . Alcuni possono interferire con l'assorbimento di vari farmaci, legandosi a loro chimicamente o fisicamente. Il rapido transito delle feci può portare alcuni farmaci e nutrimenti al di là del tratto ottimale per il loro assorbimento. Un dolore addominale acuto di origine sconosciuta, le malattie infiammatorie dell'intestino, un'ostruzione intestinale, un sanguinamento dell'apparato digerente e un fecaloma rappresentano delle controindicazioni all'uso dei lassativi e dei catartici.
Gli olii minerali rendono più soffice la sostanza fecale e ne agevolano il transito, ma possono diminuire l'assorbimento delle vitamine liposolubili. Gli olii minerali e i lassativi detergenti agiscono lentamente; possono essere utili dopo un intervento chirurgico anorettale e quando è necessario un prolungato periodo di allettamento.
Gli agenti osmotici sono usati per preparare i pazienti ad alcune procedure diagnostiche intestinali e occasionalmente nella terapia delle infestazioni parassitarie. Contengono degli ioni polivalenti scarsamente assorbiti (p. es., fosfato o solfato di Mg) o carboidrati (p. es., lattuloso, sorbitolo) che rimangono nell'intestino, aumentando la pressione osmotica intraluminale e richiamando acqua nell'intestino. L'aumentato volume stimola la peristalsi, che spinge più facilmente le feci, ammorbidite dall'acqua, nell'intestino. Questi farmaci agiscono di solito entro 3 h. Questi farmaci possono alterare il bilancio idroelettrolitico in pazienti che ne ingeriscono dosi abbondanti o che ne fanno un uso frequente.
I catartici secretori o stimolanti (p. es., la senna e i suoi derivati, la cascara, la fenolftaleina, il bisacodile e l'olio di ricino) agiscono irritando la mucosa intestinale o stimolando direttamente la sottomucosa e il plesso mienterico. Aumentano sia la peristalsi che la quantità di liquido intraluminale, provocando spesso dolori crampiformi ed il passaggio di feci semisolide entro 6-8 h. Per effetto del loro uso continuo, si possono verificare gravi alterazioni idroelettrolitiche e danni anche irreversibili del colon.
Il trattamento riabilitativo nella stipsi cronica
La riabilitazione ano-rettale si propone di migliorare le funzioni fisiologiche del complesso perineale, per migliorare la qualità di vita del paziente. A tal proposito, è necessario ripristinare la sensibilità e la contrattilità dell’apparato sfinteriale e del muscolo pubo-rettale e nel contempo stimolare la compliance ampollare e la corretta sinergia addomino-perineale. Presupposto fondamentale per un approccio riabilitativo mirato, è la valutazione clinica del singolo caso, attraverso indagini strumentali specifiche che consentono di selezionare i pazienti. In quest'ottica il paziente viene preventivamente istruito dal medico, in sede di visita, al cosiddetto "toilet training", comprendente una serie di misure igienico-dietetiche e comportamentali volte alla regolarizzazione dell' alvo.
Un'adeguata dieta consente di normalizzare la consistenza fecale, introducendo, se necessario, eventuali "ammorbidenti", in modo da correggere la velocità del transito colico. Inoltre, sono fornite precise indicazioni relative alle norme comportamentali da adottare. Il paziente viene istruito a liberare l'ultimo tratto dell'intestino ad orari prefissati e precisi.
Il protocollo riabilitativo vero e proprio consta di una serie di fasi a carattere sequenziale, che facilitano la presa di coscienza di questa regione corporea. L'acquisizione della fase successiva non può avvenire senza l'apprendimento della fase precedente. Ad ogni seduta la sequenza viene ripresa dall'inizio, aggiungendo nuovi passaggi. Prima di iniziare il trattamento, vengono fornite al paziente spiegazioni di anatomia e fisiologia anale e pelvica, illustrando le modalità e le finalità della rieducazione. Il paziente deve comprendere l’importanza del suo ruolo nel raggiungimento dell'obiettivo terapeutico. Va quindi sottolineata l'importanza di una quotidiana, continua ripetizione degli esercizi, per conquistare un corretto coordinamento muscolare, favorendone l'automatizzazione. Un ciclo di trattamento riabilitativo varia in genere da 10 a 15 sedute in relazione al problema da trattare e alla risposta del paziente, soprattutto nella fase di presa di coscienza dell'area perineale. La cadenza delle sedute è di 1-2 volte alla settimana, con durata di un'ora ciascuna. Il successo della terapia è legato a diversi fattori, ma soprattutto all'impegno e alla collaborazione del paziente nell'eseguire la terapia, soprattutto quella domiciliare, fondamentale nel mantenere il risultato ottenuto al termine del ciclo terapeutico.
Le tecniche utilizzate prevedono:
Biofeedback: questa tecnica si avvale dell'utilizzo di una sonda a palloncino collegata con un'apparecchiatura dotata di uno schermo sul quale viene riprodotto il lavoro del paziente. In questo modo, la persona ha una visione di ritorno di quello che sta facendo e quindi ha la possibilità di vedere se esegue correttamente l'esercizio affidatogli dal terapeuta ed eventualmente di correggersi. Un segnale sonoro o luminoso può evidenziare l'errore o la correttezza della manovra, facilitando l’apprendimento.
Stimolazione elettrica funzionale: la stimolazione elettrica funzionale è una stimolazione passiva, effettuata mediante l'utilizzo di correnti elettriche bifasiche tramite elettrodi posizionati su sonde vaginali e anali, ed ha l'obbiettivo di produrre meccanismi riflessi che possano riorganizzare i corretti processi neurofisiologici. La stimolazione elettrica funzionale esercita effetti positivi sui meccanismi di chiusura dell'uretra, sull'inibizione del detrusore (vescica) nell'incontinenza urinaria, a livello degli sfinteri anali nell'incontinenza anale, nelle sindromi dolorose perineali.
Fisiochinesiterapia (FKT): il primo passo è quello di rendere cosciente il paziente della propria area perineale (presa di coscienza). Una volta che la persona ha la consapevolezza che il proprio perineo esiste e riesce a "muoverlo", si verifica l'eventuale interferenza di muscoli accessori quali i glutei, gli addominali, gli adduttori che durante l'attività perineale devono essere inibiti. In questa prima fase, è utile capire il rilassamento e il tipo di respirazione della persona e, una volta coordinata l'area perineale, si può iniziare la parte attiva di rinforzo muscolare. Si tratta di eseguire una serie di esercizi mirati a incrementare la forza dei muscoli del pavimento pelvico. Le aree da trattare, a seconda delle varie situazioni locali, sono la vagina, l'ano o entrambi. Le sedute successive vengono utilizzate per cercare di creare l'automatizzazione dei muscoli del perineo: durante le attività quotidiane, in relazione a movimenti o incrementi pressori, si deve attivare automaticamente il gruppo muscolare del pavimento pelvico (terapia comportamentale).
Il lavoro muscolare (training) domiciliare è d'obbligo sia in corso di terapia per garantirne il successo, che dopo, come sostegno dopo per mantenere nel tempo i risultati.
Il Ruolo della Chirurgia nel trattamento della stipsi
I pazienti che presentano un’indicazione chirurgica sono una netta minoranza .
Le opzioni terapeutiche nella stipsi cronica sono spesso inadeguate oppure inefficaci e richiedono spesso un notevole dispendio di tempo e risorse sia per il paziente sia per il medico. Inoltre il trattamento chirurgico può essere molto invasivo, con soluzioni anche di tipo estremo e non accompagnate da un risultato clinico e funzionale adeguato.
In caso di defecazione ostruita, vari tipi di interventi sono stati eseguiti a seconda del tipo specifico di patologia, ma se essi mirano solo alla ricostruzione della morfologia e non della funzione, i risultati sono incerti e le recidive frequenti.
Nell’ultimo decennio è stata proposta la neuromodulazione sacrale prima quale opzione per il trattamento dell'incontinenza fecale, e poi in maniera del tutto sperimentale anche per i pazienti con stipsi cronica da rallentato transito dopo il fallimento delle terapie conservative. Si tratta di una tecnica mini-invasiva di elettrostimolazione delle radici sacrali che permette di ottenere risultati sovrapponibili alla fisiologia normale della defecazione, mediante la modifica del controllo nervoso degli sfinteri anali e della motilità del colon distale. È necessario però selezionare accuratamente i pazienti sulla base dell'esito della stimolazione di prova, al fine di poter assicurare un effetto positivo. Un grosso vantaggio della neuromodulazione sacrale è rappresentato dal fatto che non esclude altre possibilità di trattamento.
Anche nel campo della stipsi da ostruita defecazione, nell'ultimo decennio, è stato proposto un trattamento chirurgico nuovo dell’ostruzione meccanica dovuta ad alcune patologie, quali il rettocele e l'invaginazione del retto . La procedura S.T.A.R.R. (Stapled Trans Anal Rectal Resection - Prolassectomia con stapler eseguita per via transanale) consente di asportare i tessuti che ostacolano la defecazione rimuovendoli attraverso l'ano, senza incisioni chirurgiche, e di ricostruire un retto anatomicamente normale. L'intervento dura 30-40 minuti, comporta solitamente un minimo disturbo e pressoché totale assenza di dolore per il paziente, e la degenza post-operatoria è breve (2 o 3 giorni).
I risultati anatomici sono soddisfacenti, con la scomparsa radiologica sia dell'intussuscezione che del rettocele. Per quanto riguarda i risultati funzionali, si ha solitamente un significativo miglioramento della defecazione, sebbene una percentuale non trascurabile dei pazienti riferisca disturbi defecatori solitamente transitori (urgency fecale nel 17.8% dei casi e incontinenza ai gas nell'8.9%). Candidati alla STARR sono, genericamente, i pazienti con sintomi da defecazione ostruita non responsivi al trattamento conservativo.
In caso di semplice prolasso mucoso, un buon miglioramento si può ottenere eliminando la mucosa in eccesso con un ciclo di legature elastiche, prima di iniziare il recupero funzionale del perineo.
Dott. Stefano Enrico
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